Il fascino nascosto degli edifici del passato: “Ordo fratrum minorum” di Cesarò.

Il fascino nascosto degli edifici del passato: “Ordo fratrum minorum” di Cesarò.
Foto di Piercalogero Ragonese

Ogni pietra racconta la sua storia e l’età moderna sembra averlo dimenticato. Ogni edificio, oltre a costituire un’unità stilistica, conserva la sua cronistoria e la sua missione. Si sa, la bellezza è una linea sottile tra sorpresa e consuetudine. Non c’è da stupirsi se monumenti nascosti sotto gli occhi di tutti offrano sempre, ad ogni angolo e ad ogni via, un momento di curiosità. Ne è un esempio Cesarò. La centralissima piazza San Calogero, ove oggi tra le Chiese monumentali spicca per maestosità un edificio scolastico, un dì è stata ruggente anfitrione di un convento.

Il regio storiografo Vito Maria Amico nel suo Lexicon Topographicum Siculum segnala sul territorio, già a partire dal 1570, la presenza di un istituto religioso maschile di diritto pontificio, il cosiddetto “Ordo fratrum minorum”. In quegli anni i frati minori attesero con premura e diligenza al culto di San Calogero; ma l’edificio conventuale sopraggiunse solo dopo uno scarso quinquagenario.

L’ordine mendicante, a Cesarò, trovò asilo nelle stanze adiacenti alla Chiesa di San Rocco; posta sul poggio omonimo, sito poco fuori il centro abitato di quegli anni. Tuttavia i frati non avendo ne sufficienti elemosine ne rendite (sei onze annui – equivalenti ad euro 1080 – pecore in gabella, con l’obbligo di celebrare una messa ogni settimana) peregrinarono altrove. Radicatasi la pregevole abitudine a siffatta presenza religiosa, nonché alle opere pie a beneficio del popolo, quest’ultimo su proposta dei giurati, del Capitano della terra (di nome “De Fini”) e con l’ausilio del nobile Giuseppe Colonna di Cesarò, il 25 agosto del 1621, al fine di riportare i religiosi in paese assegnarono ai frati minori, oltre la Chiesa di San Rocco anche la Chiesa di San Calogero (con le relative rendite).

[instagram-feed]

In quell’anno si avviò la costruzione del fabbricato del convento. I frati ressero il complesso conventuale con scrupolo monacale per ben duecentoquarantacinque anni. Storicamente il tramonto dell’operoso convento coincise con quello secolare del Regno dei Borbone. Fatta l’Italia unita, la politica anticlericale del Regno di Sardegna si inasprì ancor di più dopo la difficile e dispendiosa guerra contro l’Austria (Terza Guerra d’Indipendenza _ 1866) originando la così denominata “politica di eversione dell’asse ecclesiastico”. Con tale espressione si indicano gli effetti economici di due leggi del Regno d’Italia e del Regio decreto 3036 del 7 luglio 1866.

Il decreto contò la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose e ne dispose la confisca dei beni. In virtù dell’articolo 20 il convento di Cesarò fu sgomberato e ceduto dal governo al comune che ne fece sede del Municipio, della Pretura, delle Carceri e di alcune scuole. Come per uno strano caso del destino, il fabbricato che un tempo fu religioso e che poi divenne edificio scolastico, fu intitolato (successivamente) a Francesco Crispi _ fautore della politica anticlericale del regno di Sardegna. Così come in ogni luogo, il lungo tempo trascorso ha visto cambiare molti riferimenti del centro storico, ma seppure in forma frammentaria, il fascino e la suggestione che avvolgono gli edifici del passato cesarese si conservano con superba discrezione.

Simona Pruiti

Pubblicato da Simona Pruiti

Simona Pruiti è nata il 14 maggio dell’anno 1990. Dopo la maturità liceale e l’immatricolazione all’Università intraprende l’area di studio economica, politico-sociale e giuridica, conseguendo la laurea in Sociologia e Scienze Politiche. Nel 2018 conclude gli studi specialistici in Criminologia e Scienze Forensi. Studiosa di storia locale, tradizioni popolari, folclore e antropologia socio-culturale. “Nebrodense”, ama la sua terra, non solo perché le ha dato i natali. Raccoglitrice di memorie, usi e costumi di quel fazzoletto di terra del mondo _ i Nebrodi e la Sicilia_ dove affondano profonde le sue radici, tra il portamento sublime degli alberi, la terra riarsa dal caldo cocente dell’estate e l’aria rorida del freddo inverno di montagna.