“Viva il Di Giorgio”
Ogni fotografia favoleggia una sua storia. Si fotografa per non dimenticare, per non smettere di guardare. Sovente, infatti, attraverso i loro lavori i fotografi lasciano un segno. Ognuno apporta un messaggio di grande curiosità. Il soggetto, il più delle volte, contrasta il successo espressivo di un dettaglio ritenuto rettamente irrilevante. Ciò nondimeno, l’arte è capace di esprimere e rendere visibile ogni cosa, ma il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede rappresenta la fiamma viva che adatta l’innesco alla curiosità, al desiderio di sapere.
Non avrei mai pensato però che una vecchia stampa di un funerale, scattata nei pressi della Chiesa Madre di Cesarò, potesse rivelare segreti che l’occhio nudo o la mente non colgono, che potesse suscitare una riflessione. E così a quanto pare è inevitabile il rischio di perdita, di abbandono del passato e dei suoi personaggi. Per quanto possa non piacerci, la verità è visibile: siamo fogli bianchi scrivibili destinati all’oblio. Elsa Morante, importante autrice di romanzi del secondo dopoguerra, in uno dei suoi lavori ci fa dono del concetto di scrivere per ricordare.
Questa elaborazione di pensiero potrebbe essere l’elemento risolutivo della consecutività tra passato, presente e futuro. Partendo da questo presupposto e “dall’antica veduta in questione” ho voluto intraprendere un viaggio (che non ha implicato alcuno spostamento, se non quello temporale) per mettere in luce la storia di un uomo, il cui nome campeggia marginalmente nell’immagine risalente agli anni ‘30.
Chi era Di Giorgio? Basta indagare la storia per renderci conto di come Antonino Di Giorgio, appartenente alla nobiltà contadina dei Nebrodi, fu uno degli autorevoli personaggi che scrissero pagine importanti della storia d’Italia.
Sanfratellano, classe 1867, visse un’epoca grandemente delicata quale fu quella contemplata tra la fine dell’Ottocento, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e l’avvento del fascismo. Soldato di tutte le battaglie della Patria (Adua, Libia, Benadir, Prima battaglia del Piave e Vittorio Veneto), ricordato dal feldmaresciallo Rommel e corrispondente di Giosuè Carducci, Generale e Ministro reietto dal fascismo, mai fascista convinto, sposò Norina Whitaker, appartenente ad una aristocratica famiglia britannica (che aveva avuto un ruolo di spicco nelle primissime fasi del Risorgimento Italiano). Ausiliò l’investitura di Cesare Mori, passato alla storia con il soprannome di prefetto di ferro.
Si spense improvvisamente a Palermo nel 1932. Le sue spoglie si trovano nel cimitero della preclara città di San Fratello. Uomo, comandante, politico e dotto, foglio bianco magistralmente imbrattato dall’inchiostro della storia. La storia trepidamente narrata, rimase ignota su quella fotografia.
Simona Pruiti