Dietro lo “Sbirrijan”: autentica religiosità

Dietro lo “Sbirrijan”: autentica religiosità

Quest’area staccata dal resto d’Italia, la Sicilia, contraddistinta dai grandi teatri greci di Taormina, Segesta e Siracusa, dove persino Eschilo fece rappresentare primamente le sue “Etnee”, potrebbe forse non essere anche teatro di Sacre Rappresentazioni? Sarebbe impensabile. La Sicilia, sin dalla sua genesi è un grande teatro, ove va in scena persino il folclore.  

Anche la sua “isola nell’isola”, i Nebrodi, (così definiti anticamente dagli arabi) nasconde “un’isola linguistica” ricca di tradizione locale, San Fratello, gemma rara e fiore all’occhiello del territorio. Paese che guarda dall’alto uno dei panorami più belli e struggenti che la Sicilia intera possa offrire. Un luogo incantevole e “Benedetto”, un enclave linguistica dove si parla ancora il vero e incontaminato gallo-italico. Qui, dalla notte dei tempi si ripete ogni anno uno scenario fantasioso e colorito (oggetto di studio di storici, sociologi e antropologi) che erroneamente a mio parere, in molti definiscono “Festa dei Giudei”. Le scale, i balconi, le chiese e le strade del paese  in quei giorni divengono apparato scenico di quella toccante manifestazione dell’idioma cerimoniale che è il Venerdi Santo. 

La Settimana Santa di San fratello caratterizzata dalla presenza di questi personaggi grotteschi dal costume rosso e giallo, “il Giudeo sanfratellano” appunto, non è la festa a loro dedicata, bensì la rievocazione storica e religiosa della Passione e Morte di Gesù. In questo contesto, il Giudeo, sebbene elemento caratteristico non ne diviene protagonista indiscusso (come tendenzialmente si crede) piuttosto entità  complementare e ausiliaria di quel teatro meraviglioso incarnato dalla splendida cornice di San Fratello.

Che cosa si cela realmente dietro questa spettacolarizzante tradizione? Non intendo soffermarmi a una generica descrizione della commemorazione o dei pittoreschi costumi, ne tanto meno voglio annoiare il lettore con divagazioni di tipo storico e antropologico, scelgo piuttosto d’imboccare la via che gli abitanti del paese (in diversi dialoghi sul tema) hanno scelto e mi hanno consigliato d’intraprendere, ovvero divenire lettore attento, in grado di saper cogliere immagini o messaggi che la celebrazione lascia a libera interpretazione. Pertanto da una mia attenta analisi sociologica, il Giudeo, che possiede elementi visivi e comportamentali di una figura scenica che legittimamente oscilla tra il sacro e il profano, oltre a ciò che rappresenta e che per tradizione dovrebbe rappresentare storicamente, è uno status di appartenenza, rappresenta la vera essenza dell’essere sanfratellano, dell’essere Cristiano, di appartenere e di mostrare di appartenere con fierezza a una comunità singolare e sorprendente come quella di San Fratello. Comunità che così come nel resto del mondo Cristiano, affida alla drammatizzazione del Mistero, all’interpretazione della Sacra Rappresentazione l’obiettivo di magnificare uno dei dogmi della Fede Cristiana, la Pasqua di Risurrezione del Signore. Quantunque un grande studioso quale è stato Pitrè abbia scritto a riguardo che <<disgraziatamente questo costume non è ancora cessato>> io non posso convenire con lui, anzi ciò che auspico è che tale costume sia quanto più longevo e che almeno una volta nella vita possiate cogliere l’emozione di quel giorno negli occhi di chi indossa l’abito tramandato da padre in figlio, sapientemente realizzato dalle donne più abili e che rendono il Giudeo di San fratello orgoglioso di portare avanti la tradizione a “sbirrijan” (cappuccio) alto!

Simona Pruiti

Pubblicato da rcinebrodi

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